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Poverbank

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Quest’inverno sono stati donati all’associazione GOLEM alcuni vecchi portatili da ricondizionare. Non essendo nuovissimi, l’alimentazione a batteria era pressoché inutilizzabile. In un paio di casi le batterie erano così usurate da impedire l’accensione del computer. E quindi, ci siamo ritrovati con una decina di pile da smaltire.

L’amico Joseph, tempo addietro, mi suggerì di conservarle perché aveva trovato un progetto su thingiverse che mostrava come riutilizzarle per costruirsi dei pacchi batterie artigianali. Così, per pura curiosità, ho provato a sventrare qualche batteria.

Non è un’operazione banale, i pacchi sono fatti apposta per non essere aperti dal primo che passa. Le celle al Litio sono infatti oggetti suscettibili e tendono ad esplodere, quindi sono custodite in involucri adatti a proteggerle da urti e sollecitazioni di vario genere. Una volta aperto, all’interno trovano posto 6-8 celle ed una scheda di controllo. Le celle sono fra loro connesse in serie a formare una stringa, così da raggiungere una tensione complessiva di una decina di Volt. Più stringhe sono collegate in parallelo per incrementare la capacità della batteria, il che si traduce in una maggiore autonomia del computer.

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Un pacco batterie aperto

Le celle di un pacco batteria, invecchiando, perdono progressivamente la propria capacità. Non solo, rimanendo inutilizzate per lungo tempo, entra in gioco il fenomeno di autoscarica. Purtroppo le celle al litio si danneggiano irreversibilmente quando si scaricano al di sotto di una certa tensione, di solito intorno ai 2V.

In alcune delle batterie recuperate, ho trovato buona parte delle celle con una carica “decente”, fra i 3 e i 4.2V, dunque recuperabili. Invece, la batteria che impediva l’accensione del pc aveva una coppia di celle in corto. Probabilmente il computer è rimasto per lungo tempo inutilizzato e le celle si sono completamente prosciugate, ma qualcuna ce l’ha fatta a non seccarsi del tutto.

Comunque, visto che ho un alimentatore CC CV, una prova di ricarica l’ho tentata anche su quelle più a terra. Senza esagerare troppo, ho limitato la corrente di carica a qualche centinaio di mA e la tensione di regime sui 3.7V. Tanto si vede subito se una cella è da gettare, se da pochi Volt schizza subito a regime c’è poco da fare. Quelle ancora recuperabili seguono un ben preciso ciclo di ricarica: prima a corrente costante (CC), durante in quale la tensione della pila cresce. Raggiunto il valore di regime richiesto, la cella continua a caricarsi a tensione costante (CV) fino alla completa ricarica.

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Una pila in carica su una scrivania per niente disordinata

A questo punto, che farne delle batterie buone? Ho visto e comprato su eBay tre diversi circuiti, che a tempo e comodo potrei commentare in un futuro post. Ma quello che mi è piaciuto di più è il cosiddetto “poverbank”: una elegante soluzione che permette di ricavare un classico powerbank USB a partire da una singola pila cilindrica al litio (link a ebay o amazon). Magari evito di ricaricarci il telefono nuovo, non voglio che faccia la stessa fine dei dispositivi di ElectroBOOM, però posso alimentarci qualche fesseria ambulante, come un moderno computer portatile su breadboard.

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Il poverbank alimenta un sofisticato elaboratore elettronico ad 8 bit